1984 Artic Canoe Race and back home from Cape North by bike

Artic canoe race 1984

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Con Riccardo Fiocchini decidiamo di partecipare all’ Artic Canoe Race.

La competizione ha luogo in Finlandia sulle acque del fiume Muonio che fa da confine tra la questa nazione e la Svezia.

E’ una gara internazionale di Endurance, una vera e propria maratona fluviale che si svolge nell’arco di una settimana su una distanza di circa 400 km .

La Finnair partecipa alla sponsorizzazione dell’evento e questo consente ai partecipanti di spedire le canoe come bagagli appresso senza sovrapprezzo biglietto e senza troppi problemi burocratici.

Un Kayak da gara fluviale è lungo 4,50 metri e largo 60 cm e peso minimo di 11 kg…. difficile quindi farlo passare come uno zaino 🙂

Andrea Alesandrini , entusiasta dell’idea ci fornisce a titolo gratuito due kayak ASA Peinhaut in Diolene , una variante più nobile della fibra di vetro, più elastica e resistente.

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La meravigliosa pagaia della Struer resta a casa. Non contiamo di far rientrare in Italia le canoe che pensiamo di vendere in loco , ed io non voglio perdere la mia pagaia più bella. Portiamo dietro nuovamente una Azzali , di gran lunga più economica e pesante.

L’antica società del Gruppo Milanese Canoa è purtroppo ormai caduta definitivamente in disgrazia assorbita dal CKC Milano presso il quale siamo tesserati.

Siamo i primi due italiani a partecipare a questa competizione, e al di la del piacere per me è anche una fantastica occasione per confrontare attrezzature, materiali, e idee nuove.

In Italia sono ancora pochissimi quelli che si dedicano a lunghe discese fluviali, possiamo contarci sulle dita di una mano. Poter attingere alle esperienze di altre persone, per quanto concerne il mio futuro fluviale, diventa essenziale.

Non abbiamo particolari mire di classifica ( si dice sempre cosi! ) ma queste svaniscono al momento del primo raduno. E’ il 1984 l’anno delle olimpiadi di Los Angeles.

Se pur in assenza di emergenze particolari, le Olimpiadi di Los Angeles del 1984 furono caratterizzate dalla ritorsione sovietica contro il boicottaggio statunitense del 1980.Non si trattò formalmente di un boicottaggio ma di una mancata iscrizione da parte dei paesi del blocco sovietico .

La notizia, sebbene triste per lo sport in generale, ha per noi una conseguenza diretta. Se qualcuno si fosse mai chiesto dove sono finirono e cosa fecero nell’estate del 1984 buona parte dei canoisti olimpici dell’est europeo avrebbe trovato facile risposta nel leggere la lista degli iscritti all’Artic Canoe Race.

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Guardandoci intorno sembriamo dei pulcini vicino ai fratelli sovradimensionati di Mazinga 🙂

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Il nostro programma è quindi riuscire ad arrivare in fondo senza troppi danni.

Siamo iscritti alla sezione K1 ( kayak singolo) naturalmente la più numerosa. Passiamo le due giornate prima del via a giare tra campers, roulottes e tende per sbirciare le soluzioni adottate dai nostri avversari. Sono tutti decisamente più organizzati di noi che contiamo di portare sul fiume, oltre ovviamente alla pagaia , solo una borraccia e qualche biscotto per la gara. Osservo e fotografo tutto, sono certo che troverò idee brillanti per le mie prossime discese.

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Il via viene dato all’alba . Partenza in gruppo. Per farci stare tutti insieme si parte da un laghetto da cui si raggiunge il fiume, distante poche centinaia di metri. Arriviamo alla strettoia praticamente tutti insieme. Conseguenza inevitabile è un parapiglia di un centinaio di imbarcazioni e relative pagaie che si urtano si incrociano e si aggrovigliano . Un caos indescrivibile direi una scena fantozziana . Qualcuno finisce addirittura sommerso. Con Riccardo riusciamo a scivolare sopra lo scafo di due concorrenti svizzeri e dopo esserci presi la nostra bella razione di insulti in varie lingue riusciamo a raggiungere il fiume. Cerchiamo di restare nel gruppo ma i più forti se ne vanno facilmente. Si formano cosi vari scaglioni e restare in un gruppo diventa fondamentale. Un po come in bici, si può sfruttare la scia e procedere più veloci con meno fatica. Perdere la scia vuol dire restare soli a faticare come fabbri.

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Abbiamo indosso una muta leggera per proteggerci dalle acqua gelate del fiume ( siamo circa a 200 km a nord del circolo polare artico !!! ))). Capisco in fretta che è una pessima idea. Sotto si suda e la pelle non respira e alla fine il disagio di restare macerati nel sudore ci impone di buttarla via. Intuizione fortunata. Abbiamo avuto modo di vedere tra i concorrenti lesioni davvero importanti, e conseguente ritiro dalla gara, dovute allo sfregamento della muta favorito dal sudore. A metà percorso di ogni singola giornata di gara viene posizionato un posto di ristoro presso cui fare una tappa di 20 minuti obbligatoria.

E’ ovviamente anche l’occasione soddisfare i bisogni fisiologici. Abbiamo però saputo che numerosi concorrenti, pur di non perdere la scia durante la gara, non hanno esitato, in caso di necessità, a farli in barca dentro lil pozzetto 🙂

Un enorme gommone a motore segue la competizione e raccoglie coloro che si ritirano per freddo o stanchezza. A destinazione arriveremo in poche decine. La nostra classifica migliora giorno dopo giorno, certo non per merito nostro , ma i ritiri sono davvero numerosi. Molti atleti si trovano con le mani devastate dalle lunghe ore di remata sul fiume. La tipologia di pagaiata per chi si dedica all’endurance è estremamente differente da quelli che si dedicano alla canoa olimpica. E’ meno violenta, più morbida, la pagaia viene accompagnata con maggiore dolcezza. Il figlio di Prijon , uno dei più importanti costruttori mondiali di canoe e grande atleta, mi confessa che si è allenato un anno intero per cambiare metodo di pagaiata. E’ alla sua seconda esperienza all’ Artic e l’anno prima si è dovuto ritirare per via delle vesciche. I risultati delle ore passate a pagaiare non tardano a farsi evidenti. L’infermeria lavora a ritmo ininterrotto. E i ritiri aumentano. Io e Riccardo finiremo rispettivamente 14° e 17° , al di la di ogni più rosea previsione. Veniamo anche premiati come gli atleti provenienti da piu lontano 🙂

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L’ultimo giorno i distacchi tra i vari concorrenti sono cosi marcati che nessuno ha più voglia di rovinarsi a pagaiare. La classifica non si può praticamente più cambiare. Siamo in un gruppone di sopravvissuti insieme a Ulrike Deppe , olimpionica tedesca e unica donna ad arrivare al traguardo. Spuntano bottiglie di vino e di birra dai pozzetti delle canoe. Al traguardo nella cittadina di Tornio arriva un vergognoso ammasso di canoisti ubriachi 🙂 Prima della premiazione veniamo ospitati presso la locale palestra dove è stato imbandito un tavolo stile Hansel e Gretel imbandito con ogni bene di Dio. Ne approfitto per rifocillarmi e provare la sauna…. è la mia prima volta. Quando esco dalla sauna le acque invitanti di una piscina mi attirano e io mi tuffo. L’ho detto era la mia prima sauna… che ne sapevo che erano gelate??? Quando riemergo dal tuffo Riccardo mi chiede “ com’è l’acqua?” Con le labbra viola gli rispondo “ fantastica” …… quando a sua volta riemerge dal tuffo mi guarda e mi dice: “b…..ardo! ). Tra i nostri compagni di avventura comincia a spargersi la voce che rientreremo a casa in bicicletta. Grandi pacche sulle spalle e la mattina seguente partiamo.

La decisione di rientrare in Italia in bici ci sembrava la  naturale scelta per completare le vacanze estive.

Riccardo è senza bici e usa la mia vecchia Rossignoli dell’anno prima. Io nel frattempo mi sono fatto costruire da un artigiano milanese ormai scomparso, Freschi, una bici un po più seria.

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Finalmente posso montare il Campagnolo Record. Tutto il resto rimane invariato tranne i rapporti. Finalmente dietro monto il 26!!

Riccardo che è una vera potenza della natura monta il 24 ma per lui non fa nessuna differenza. L’ho visto affrontare le salite dimenticandosi di usare il deragliatore e salendo col 53.

Ardenne o Alpi per lui sono la stessa cosa. Per il resto le bici ricalcano quelle del 1983, compreso i tubolari (all’epoca li chiamavamo palmer)

Idea pessima. Le strade finlandesi e svedesi sono delle autentiche  tritagomme per via di un asfalto drammaticamente ruvido. Abbiamo speso una follia in pneumatici!! Fu  l’ultimo viaggio con i tubolari. Mai piu nella vita.

per dormire portiamo una tenda della Ferrrino a telo unico. Anche qui scelta non troppo felice. Non sarebbe male in assoluto ma la costruzione lascia molto a desiderare, sopratutto la paleria in vetro resina che si sfibra in fretta e ferisce facilmente le mani.

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Tutto sommato però ce la caviamo egregiamente. Passiamo Finlandia, Svezia, Danimarca, Olanda, Germania, Francia e Svizzera scalinando al passo del San Gottardo.

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Impieghiamo venti giorni per tornare a casa. Stiamo già pensando al prossimo anno 🙂

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Informazioni su sergioborroni

medico per professione viaggiatore per diletto
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2 risposte a 1984 Artic Canoe Race and back home from Cape North by bike

  1. Ciao Sergio, ho letto tutto d’un fiato questo tuo racconto. Ti confesso che sono ammirato da questa vostra esperienza. Anche io sono da sempre uno sportivo, ma le vicessitudini della vita, non mi hanno mai permesso di fare questo tipo di cose, ossia allontanarmi, ora che ho 50anni, voglio cercare di recuperare, ossia, da tre anni faccio viaggi in bici.

  2. walter ratti ha detto:

    Bella storia Sergio, bel tono tra l epico e il ridanciano, mi ha fatto ridere la storia del farla dentro alla canoa, lo stesso fece durante una gara d olimpica all idroscalo anche un nostro compagno del GMC oggi pezzo grosso, ….. Casualmente si ribaltò appena dopo l arrivo 🙂
    Saluti
    Walter

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